Le interpretazioni del proverbio
“A lavar la testa all’asino si perde il ranno e il sapone” è un antico proverbio dalle origini incerte e contese da diverse regioni d’Italia. Le varianti, seppur con qualche piccola differenza, hanno tutte lo stesso significato e che prende in esame le persone cocciute e che non vogliono mai cambiare idea.
Nell’immaginario comune l’asino è l’animale più testardo che ci sia, è ostinato e di rado esegue gli ordini del padrone. Letteralmente il proverbio ci indica che lavare la testa all’asino è solo uno spreco di ranno – un miscuglio di cenere e acqua bollente usato un tempo per lavare i panni – e sapone. È un dispendio inutile di energie cercare di renderlo più pulito, perché dopo aver provato faticosamente a lavarlo, l’asino si ritroverà in men che non si dica, di nuovo completamente sporco.
C’è un’altra interpretazione, meno letterale della precedente, che ci suggerisce che parlare con gli ignoranti è una gran perdita di tempo: non ha senso dialogare e cercare di far ragionare chi non vuole mai cambiare idea, chi resta fermo nelle proprie convinzioni. Decisamente, meglio occupare il tempo in un altro modo.
Altri proverbi collegati
La figura dell’asino ricorre spesso in modi di dire e nei proverbi della tradizione italiana: ricordiamo il detto “Chi asino nasce, asino muore“, variante del più celebre “Chi nasce tondo non muore quadro”; oppure l’espressione “Fatti asino e tutti ti mettono la soma“, antico proverbio che viene utilizzato per indicare che le persone troppo ingenue o rischiano di farsi sopraffare dagli altri.
Tra i più famosi ricordiamo anche “Meglio un asino vivo che un dottore morto“, che ci ricorda che non conta quello che si sa fare, l’importante è agire prima che sia troppo tardi.
Significato
Il proverbio “A lavare la testa all’asino si perde il ranno e il sapone” sottolinea che lavare la testa a un asino è come compiere un gesto inutile: in una visione più generale ci mette in guardia e ci ricorda che non ha senso ragionare e discutere con chi è ignorante e cocciuto.
Origine
Le origini di questo proverbio si perdono nel tempo e sono contese da diverse regioni d’Italia: quel che è certo è che si tratta di uno dei modi di dire più celebri della tradizione del nostro paese.
Varianti
- Lazio: A lava la coccia agli aseno ci pierdi l’acqua e puro lo sapone.
- Friuli Venezia Giulia: A lavà il cjaf al mus si bute vie la aghe e si infastidis le bestie.
- Sicilia: A lavari la testa au sceccu si perdi acqua, sapuni e tempu.
- Abruzzo: A lavà la cocce all’asin ‘c sà ‘rmette tempe e sapone